L’estate del crepuscolo

Doveva essere la stagione del rilancio, della ripresa. Nell’isteria del green-pass (mi ghe l’hò cmq) si nasconde invece il capolinea. I valori in campo che vanno e vengono, lo spartito che cambia troppo e senza logica, quegli zaini e quelle illusioni che mi fanno dire, 20 anni dopo, che non ci ho capito niente.. rimarrà qualcosa, oltre la cenere?

Le cose vanno cosi, quando sono umane . . . non si muove nulla per un secolo, o questa è la sensazione che si ha quando si langue nell’affanno, e poi in un colpo solo ti senti tutti gli anni addosso, e la tua povera sforacchiata carcassa implora pietà, e capisci che la spina stavolta la stacchi, e se sei fortunato e fai a tempo non a gambe avanti.

Lotta impari

Si parte dalla fine, na palla mortale, per raccontare l’inizio ed il durante, un rebus avvincente.

Intorno al 4820 la poetica ed il trionfo, ciò che conta, gli zaini soprattutto. E’ quello che piace, che tira, che smuove le masse ed i numeri. Lo sport non si racconta e non si discute più nei bar di provincia o nei circoli del dopo lavoro, quel mondo e quella società non esistono più. Le fabbriche sono in Cina, qui si vive di meme, cash-back ed influen(z)ers. La fantasia si accende per le imprese degli eroi. 100, 120, 180 km, minestre in piedi, compressioni, patch, anti-friction gel. Muri di fotografi . . . . muri d.c.

Il resto non esiste

Chi se ne frega del resto, il resto non esiste, anche perché continua tranquillo nel proprio auto-depauperamento. La mai risolta questione federazioni-aziende, e visioni (buone) che portano a prodotti che poggiano su basi troppo instabili perché minate fin dal principio da personalismi e da piccoli interessi. Dove potevo ho visto ancora quello che mi appassionava, ho visto correre forte e sfidarsi sul piano sostenibile delle sfide nate quando si andava ancora al bar sport ed il lunedi si timbrava il cartellino senza vergogna ed umiliazione.

Mi tengo quel che ho visto sentito e toccato, me lo porto con me, se ci sarà ancora e qualcosa rimarrà in piedi forse me lo godrò dall’angolo tranquillo che finalmente penso di essermi meritato. Chiedo solo questo in fin dei conti.

Tenete duro, e grazie

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Nel zaino met i bire, mbranat