David Rivers, le stigmate

E’ un pomeriggio di primavera. il 31 maggio 1998. L’arbitro Zancanella ha appena fischiato fallo ad un gesto, più che ad un contatto, di Wilkins su Danilovic. E’ il famoso “tiro da 4” di cui tutti si ricordano, di cui la storia parla. Nessuno ricorda e ricorderà mai dell’1 su 2 ai liberi di Fucka di 20 secondi prima (viziato da un probabile anti sportivo di Danilovic, di cui nessuno parla), e nessuno, solo pochissimi, di ciò che accade nei secondi immediatamente successivi al libero aggiuntivo realizzato dal serbo. David Rivers si fa consegnare il pallone, si beve il campo a tutta velocità come ha fatto tante volte e come sa fare solo lui, brucia tutti gli avversari in campo deve solo iniziare un terzo tempo di sinistro come tanti ne ha già fatti anche in questa partita, appoggiare due punti e riscrivere la storia subito ( se riguardate anche qui le immagini noterete una manata sempre di Danilovic, che transitivamente come gesto faceva il paio al gesto di Wilkins di mezzo minuto prima, ma anche qui, che sfortuna… Zancanella). Un fremito, perde la maniglia incredibilmente, esausto come tutti da 10 giorni di stress insopportabile, la palla rotola sulla sua coscia e poi fuori dal campo, si va all’over time, vincerà la Virtus, la storia non si riscrive, e cala l’oblio italiano su un campione che come pochi ha accesso la mia fantasia.

DAVID LEE RIVERS – PELLE NERISSIMA

CLASSE 1965, 188 cm, la pelle nerissima, il fisico compatto ed armonico, con le lunghe braccia, le movenze da pantera e la smoothless dei movimenti di un Walt Frazier. Nasce nel 1965 a Jersey City, va al college presso la celebre Notre Dame ed è oggi parte della Hall of Fame dei fighting irish.

Non è una vita facile la sua, è uno di 16 fratelli (!!) e due di questi muoiono in tragiche circostanze. Al primo anno di college ha un gravissimo incidente stradale con il compagno di squadra Ken Barlow, rischia la vita, lo salvano per un pelo aprendogli l’addome in una delicata operazione chirurgica. Sembra già finita, e invece no: torna e guida gli Irishmen a 4 grandi stagioni prima di essere scelto alla 25 dai Lakers (che volevano Brian Shaw). Sono i Lakers del 1988/1989, quelli di Magic, che perdono la finale con i Pistons. L’anno dopo firma per i Clippers e dopo un anno viene tagliato. Il suo gioco è particolare, sfrutta fisico, velocità e compattezza in maniera preponderante e nella NBA con la sua taglia fatica a crearsi uno spazio, ma più per trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato che per lacune nel suo gioco (inesistenti), forse non è semplicemente pronto, forse il destino ha in serbo altro per lui.

Scende nella CBA, ai tempi la lega di sviluppo, dove domina da subito, vince il titolo ed è sia MVP che top assistman della lega. Nel 1993 solca l’atlantico ed approda prima ad Antibes (vince il titolo francese scherzando) ma subito dopo al Pireo, in un ambiente ai tempi insostenibile, in cui il basket assomiglia ad una guerra santa. Se vi erano dubbi sulla sua personalità e sul suo carattere gli anni dell’Olympiakos li dissipano: David Rivers domina il basket europeo, vince due titoli greci e soprattutto trascina i bianco-rossi a vincere l’eurolega con una stagione da leader coronata dalla finale del Palaeur di Roma in cui vince l’MVP al termine di una prestazione leggendaria. E’ il 24 aprile del 1997 e di fronte c’è il Barcellona di Djordjevic. Il giorno prima Rivers ne ha messi 28 contro l’Union Lubiana di Nesterovic e Milic, il Pireo parte male in finale, è sotto 9 a 2 prima che David Lee Rivers prenda in mano la squadra e la porti a sollevare la coppa: 27 punti, 6 rimbalzi, 3 assist e 3 palle rubate. Djordjevic viene avvicinato nel dopo gara, gli chiedono di questo Rivers che gli ha appena fatto il culo, il Serbo non si nasconde, da grande sportivo, parla chiaro:

“I know him since he was in Notre Dame. One summer a group of friends that included Jure Zdovc, Slavko Kotnik and Vlada Dragutinovic played against him, Ken Barlow, Tim Kempton… Right there, right then I already saw what was confirmed later in European basketball: he was a great player. He was one of the best, if not the best, American guards that ever played in Europe. His game was like poetry. He had explosive legs, fast hands and ideas, solutions. He had talent on every part of his body.”

Bologna, l’Emiro, Gli Piscodrammi del 1998

Giorgio Seragnoli, l’emiro dell’epopea Fortitudo, lo vuole, e i dirigenti della F lo accontentano, Se Rivers ha giocato dentro al Pionir di atene, dove il clima non era proprio disteso, ciò che si compie nel 1998 a Bologna rimane nella storia non dello sport, ma delle rivalità in senso lato.

Le due squadre cittadine, la Fortitudo e la Virtus, si incontrano due volte in stagione regolare, una volta in semifinale di coppa italia, due volte ai quarti di finale di Eurolega e cinque volte nelle finali scudetto. 10 derby in una stagione, e non sono partite, sono psicodrammi, col pallone che pesa una tonnellata ed ogni contatto portato ai limiti.

Si è scritto e detto molto, santificando i vincitori e mistificando chi ha perso quella gara 5. Al termine di quelle partita, solo il giorno dopo, le polemiche sull’atteggiamento dei due americani tracimarono nella rabbia dell’emiro che parlò del loro ingaggio come del suo più grande errore. parole di Rabbia, di momento, che suonano ben diverse dai ricordi di Carlton Myers e di un episodio mai raccontato, sulla finale di Coppa Italia di quell’anno, che tanto dicono sul cuore e sulla leadership di Rivers:

Un flash di quel giorno?
«Due. L’abbraccio a Valerio Bianchini, io che piangevo e lui sorridente ma tranquillo. E poi una frase di David Rivers, durante la finale. Stavo marcando Henry Williams, cliente difficilissimo, mettendocela tutta, ma a un certo mi va via. Un attimo dopo però sbuca dal nulla Rivers, gli ruba palla e va in contropiede a segnare. Tornando mi dice: “Non ti preoccupare Carlton, non sei più da solo”. Quella frase mi ha segnato. Credo che questa sia la prima volta che lo racconto».
Era l’epopea del 1998. Con tutto quello che è venuto dopo…
«Sappiamo già tutto, non andrei oltre… Dico una cosa sola, ancora su Rivers: avrà fatto quell’errore, ma di errori ne facciamo tutti. Lui resta il mio esempio di professionista esemplare».

Carlton Myers – intervista Corriere della Sera Bologna 2018

Perchè RIVERS

Non esistono spiegazioni sulla mia predilezione per questo giocatore, sicuramente non una leggenda da Hall Of Fame, da Titoli NBA, un immortale del gioco. Era un buon giocatore, con le stigmate del guerriero. Mi riempivano i suoi movimenti rotondi, la fluidità del suo palleggio e la pulizia del tiro. Mi riempiva il fatto che fosse umano e che abbia saputo tirare fuori del grandissimo basket in quei frangenti, che per chi li ha vissuti, da qualsiasi delle due barricate si sia trovato, sono stati irripetibili ed indimenticabili. In quei folli giorni del 1998 David Rivers Ha provato a riscrivere la storia, lo adoro e l’ho sempre adorato anche per esserci entrato dalla parte sbagliata quel 31 maggio 1998, la beffa del secolo per qualcuno, non per me, che non faccio a cambio mai con quella squadra, quei momenti e quei rimpianti, che in realtà non ci sono, perchè quel gruppo e quei giocatori avevano dato tutto … #zancanella

Kinder Virtus-Teamsystem Fortitudo 86-77
Kinder Virtus: Danilovic 20, Crippa, Abbio 22, Nesterovic 14, Sconochini 13, Binelli 1, Savic 10, Rigaudeau 6, Frosini, Hansell n.e. All.: Messina.
Teamsystem Fortitudo: Gay, Attruia, Fucka 14, Myers 27, Wilkins 2, O’Sullivan, Chiacig 17, Rivers 17, Moretti n.e., Galanda n.e. All.: Skansi.
Arbitri: Zancanella di Este (Padova) e Lamonica di Pescara.
Tiri liberi: Kinder 23/36; TeamSystem 22/25.
Tiri da tre punti: Kinder 3/15 (Danilovic 2/7, Abbio 1/3, Sconochini 0/1, Rigauedau 0/3, Savic 0/1); TeamSystem 5/21 (Fucka 0/1, Myers 3/9, Wilkins 0/2, Rivers 2/9).
Usciti per 5 falli: 38’56” Savic (67-68), 39’11”, Myers (69-67), 39’12”, Sconochini (68-69), 41’50” Gay (74-74).
Spettatori: 8.135 per un incasso di 462.292.670.