Non Me Ne Sono Accorto

Ieri sera ho guardato PSG-Bayern, match di ritorno dei quarti di finale della Champions League 2021 e finalmente non me ne sono accorto.

Non mi sono accorto che non c’era il pubblico, che l’atmosfera, per me imprescindibile, intorno al campo mancava a causa della pandemia che stiamo affrontando ormai da più di un anno.

Questo non è un blog sul covid ne sull’andamento della partita ai fini della competizione, è un semplice momento di riflessione: il calcio mi ha e mi aveva stancato già, con tutte le brutture del mondo e la capacità di questo giuoco di diventare portatore malato del peggio di tutto.

Il calcio sublima il populismo ed il razzismo, ammaestra le masse, tira fuori il peggio da ogni individuo che ne cade schiavo, toglie spazio, fondi, dignità e risorse a sport più sani, belli, nobili ed educativi… è tutto vero, oggettivamente.

Il calcio fa questo, si, ma quello moderno, quello che hanno costruito in maniera artificiosa per fabbricare denaro, potere politico ed economico.

Poi però accadono cose come quella di ieri sera, 22 atleti formidabili (e tra quei 22 due o tre assolutamente fuori anche dallo straordinario) che non si risparmiano e non ci risparmiano nulla. Un ora e mezza di atletismo, corsa, tecnica, colpi geniali, geometrie, furia umana ed agonismo devastanti.

In questi mesi ho provato tante volte a riavvicinarmi, a guardare i match di premier che mi appassionavano, anche a seguire il mio club del cuore, il Brescia Calcio, per cui ho speso soldi, chilometri e sballi vari nel mio periodo ultrà, ma niente: l’assenza di pubblico spegneva qualsiasi cosa e dentro il rettangolo, salvo sporadiche occasioni, non c’era mai qualcosa di degno che portasse via l’attenzione ad un aspetto, quello dei fans, del colore, del tifo e della bellezza delle strutture degli stadi riempite di persone, che mi facesse andare avanti con la visione.

LA GARRA

Lele Adani come sempre sopra le righe ha chiosato nel finale “dio benedica Neymar Jr”, in studio persino Fabio Capello, il Mister, balbettava e si impappinava durante l’analisi del match, storpiato dall’emozione e dal godimento, lui cultore massimo del gioco ed amante dell’arte.

Per una sera, forse per 5 minuti, pace fatta con quel gioco che mi ha rapito da bambino, con quel rito che ha costruito amicizie profonde che sono andate naturalmente oltre il fòbal ma che di fòbal ancora si nutrono e si concimano. Perché tutto sommato è la vita e se deve passare ci sta che un pò, con la giusta misura, possa avere anche il fòbal tra i suoi diversivi.

Saltate, correte, prendete i tempi, sciolinate, schiacciate poi andate anche gentilmente affanculo, che il gioco della gente è questo, piaccia o no, e ieri per un breve momento al Parco dei Principi si è risvegliato il fremito 

Il Più bel gioco del Mondo