Coha el ol Mainstream ?

Qualche giorno fa durante la strade bianche sono andato in crash con un socio perché a suo dire non coglievo il talento e la freschezza delle sorprese presenti nel gruppo di testa , Pidcock, Gogl e Simmons. L’accusa era di essere troppo mainstream perché mi stavo esaltando di brutto per la prestazione di Bernal e di Alaphilippe , eroici nel contestare comunque fino all ultimo la corsa al suo predestinato dominatore VDP VDP VDP. 

La barber talk sugli atleti mainstream ha aperto un tema sempre hot nel mio carnet,  soprattutto per l’opinabilità di certi giudizi. 

Garnett, Paul Pierce, Alonzo Mourning, Nowitzki hanno tutti un anello di campione NBA al dito, così come è stato possibile per Wiggins, Riis e Sastre portare una maglia gialla fino a Parigi. Il loro nome è sui libri. IS ON THE BOOK

Charles Barkley, Reggie Miller, Karl Malone, John Stockton, Chris Mullin, Pat Ewing hanno terminato la carriera senza aver mai alzato il larry O’Brien trophy, con loro Bugno, Chiappucci e Rominger hanno solo potuto calcare il podio dei campi elisi, la maglia gialla mai.

I motivi? Molteplici , soprattutto due : Micheal Jordan e Miguel Indurain. 

Fino qui la mia tesi è scontata, ma se parliamo di mainstream qualcosa non torna, poche c’è main stream e main stream.

Negli anni 90 la NBA era composta da meno di 27 franchigie, è di fine anni 80 l’assegnazione a Miami ed Orlando di due franchigie seguita poi da Minnesota e Charlotte. Dopo mille giri e casini (Seattle , Vancouver morte e rigenerate in New Orleans e Oklahoma più altre amenità) si arriva alle odierne 30. 

Altro dato e fatto: passare dal liceo al professionismo era una rarità assoluta , oggi è diventato come cambiarsi le mutande. 

Risultato: diluizione del talento, scarsa programmazione , preparazione tecnica rivedibile in favore di giocolierismo e atletismo fuori scala. 

In bici?

Facile, Miguelon il Navarro dominava con la forza del silenzio e della signorilità, un uragano dimmerda chiamato L.A. con tutti gli oscuri giochi di potere e di soldi che scorrevano tombati dall’ipocrisia hanno raso al suolo la credibilità di uno sport che solo da due tre anni torna a decollare, a prezzo di una situazione finanziaria però disastrosa. 

Karl Malone e Reggie Miller più degli altri avrebbero meritato quel titolo che l’architettura perfetta dei Bulls ed il fatto che per un gioco del destino vicino al più forte di tutti i tempi per un puro caso ci fosse anche il secondo più di forte di sempre (o yes, Da Pip) .

Dopo la fine dei Bull e di Indurain si sono aperte le porte, una sterminata possibilità di competere, di arrivare al sacro Graal. Non è cambiato lo sport, sono decadute le dittature. Kobe, Shaq, Wade, Garnett, Duncan han dovuto fare a turno, i cicli iniziano e finiscono nel giro max di 3 anni ed anche gli Spurs perfetti di Popovich dovevano alternarsi al comando. Per chi era pronto a vincere negli anni di MJ e di Indu invece era finita, per sempre . . . il treno era passato.

SKIFO TOTALE – effetto SUNING

Ma la peggior nemesi che ha premesso ciò è il mercato delle figurine: le star che puntano i piedi come i somari e chiedono la cessione, cambiare aria per andare ad essere sicuri e certi di vincere. La peste nera, il virus schifoso che fa si che l’Inter arruoli in panchina Conte, che Durant e Harden abbandonino Oklahoma per scappare ai Warriors ed ai Rockets, che Lebron metta in piedi la fuga a South Beach, che Garnett scenda da Minnesota a Boston o la bestemmia più grossa: Karl Malone ai Lakers. Vincere, ad ogni costo, per mettere il nome sui libri, anche con la maglia più odiata, anche portando l’acqua… e poi magari ti va anche male (quattro a zero, citofonare Wallaces, Billups, RipHamilton)).

In questo, vista da questo punto di vista contorto, qualcuno dei mainstream è diverso da altri, e questo dovrebbe essere utilizzato per un giudizio complessivo sulle carriere. Sia data giustizia agli zero titoli di Stockton, che valgono più dei 7 (sette) di Robert Horry ad esempio, la cui vera abilità era di essere non abbastanza forte (e fubissimo) da fare la star e quindi era cacio sui maccheroni perfetto ora a Huston ora e San Antonio ora ai Lakers, A SPINGARDARE… 7 anelli . . .

Reggie Miller: solo Indiana Pacers per tutta la carriera, nella stessa conference e division di MJ. Un giocatore irripetibile, Zero titoli – Non era un mainstream, oggi lo sarebbe. Di cosa stiamo parlando ? COHA EL STO CASSO DE MAINSTRIIIIM ?

CHIUDO

Raymond Poulidor