HOOLIRUN 2025 trophy blog edition
Un appuntamento ormai consolidato vuole la depravata dissertazione sulla conclusa stagione del solo ed unico evento di basket che ancora mantenga un pathos ed una reale competitività, non fosse altro per il groviglio di enormi interessi che muove il carrozzone e per il fatto di avere oggettivamente la certezza di avere più elefanti nella stessa stanza, senza il rischio del ritrito circolino stile Madrid Parigi Monaco Manchester della champions , quello quasi nauseabondo Madrid Atene Istanbul dell’eurolega, quello addirittura fetido del Bologna(Bave) Milano nel basket di serie A (serie A de che !? .. schifo totale ..).
Le cose che tutti sanno
E che tutti amano ripetere in questi giorni, cristallizzate dal sugo Tranquilliano dell’indiscutibile palese, ma premesso opinabile (!!!??), sembrano rappresentare l’unico argomento di discussione per avventori di un caffè non frequentato, in una piazza secondaria di una cittadina belga di provincia dove il tempo scorre lento, a volte grigio, dove si ferma forse nel week end un gruppo di ciclisti che sta facendo il suo coffee ride.
Nell’ordine :
✖️Le finals meno seguite degli ultimi anni, perché i due mercati televisivi sono troppo piccoli, perché la delusione di non essersi potuti tuffare in un New York 🆚 LA da sogno e’ svanita subito , ed anche il revival di Boston si è infranto.
✖️ I play off e la stagione degli Akille’s Tendons, saltati per aria quelli di Tatum e Haliburton, ma anche quello di Dejonte Murray più qualche altro di secondo piano, con a mostarda parziale i crociati di Williams e di Irving, senza dimenticare la trombosi venosa alla spalla di Wemby. Poi intendiamoci, altre varie ed eventuali con la sempre maggiore marcata tendenza che quando la stagione è andata “si da su” e se hai la star mezza rotta la parcheggi.
✖️Questi i due elementi macro, mixati con le solite diatribe sul tiro da tre, I flagrant , e la trade di Doncic con il seguito di speculazioni legate allo stato di forma ed all’alimentazione dello sloveno… un argomento che da solo avrebbe potuto nutrire di meme i social e di vuote puntate i mal simulati talk show sulla pay 📺, e che ha avuto la copiosa spruzzata di salsa bbq rappresentata dalle teorie complottistiche di fixing della lotteria, che ha trasformato Nico Harrison, GM dei Mavs, da Villain a lucky hero in un colpo solo, rendendo tutto lo scenario tremendamente ingarbugliato.
Me ma domande e dise……
Aka mi chiedo e dico: come possiamo relegare e teorizzare con precisione una tale moltitudine dí accadimenti, simili per contesto e scenario, e’ vero, ma dettati da tante,troppe situazioni diverse?
Personalmente non riesco a trovarmi d’accordo nel riconoscere nel pattern accusatorio delle 82 partite la chiave di volta a sostegno dei PM improvvisati dell’internet.
82 partite le giocavano Russel e Chamberlain, viaggiando su aerei di linea, ad orari folli, mangiando a cazzo, dormendo di merda, senza integrazione , molte volte viaggiando in auto, bus o in treno.
82 le giocavano Bird e Magic, con i primi charter, le prime sale pesi, le avvisaglie di una integrazione pionieristica che puntava tutto sul carico glicemico, oltre ad abuso di alcool e droghe.
82 le hanno giocate l’amata generazione degli anni 90, dove il basket era camminato, segmentato, fisico, ricco di contatti, regno dell’hand checking e con poco tiro da tre (il giusto), poi le ha giocate la generazione di Duncan, Kobe e Lebron.
Poi 2014, spartiacque, siamo entrati in una dimensione sociale figlia di questi tempi folli ed incontrollabili.
La NBA di oggi continua ad essere figlia del pollo fritto e degli hamburger di Mama Lulu’ del sud Louisiana e dei lunghi tunnel tra parcheggio e spogliatoio in cui accade di tutto, ma il livello di professionismo dei singoli elementi ha raggiunto livelli di disumanizzazione. Ogni giocatore è una ditta, un brand. La pressione mediatica è h24, lo stress social è h24++ nel senso che prevede una gestione ed una amministrazione continua.
Ma più di tutto è l’asfissia tattica ed atletica del gioco l’elemento che pesa ed incide maggiormente. Playbook tutti uguali, lo stesso campo per dimensioni di 70 anni fa, oggi contiene lo stesso numero di giocatori che mediamente saltano di più, corrono di più , sono più grossi, veloci, potenti. Serve Einstein per capire quali possono essere gli effetti ? No non serve, anche se andrebbe ricordato quanto detto sopra su viaggi, alimentazione, cura ed integrazione.
Ridurre da 82 a 50 le partite metterà solo degli asterischi nella storia e negli albi d’oro, se tuttavia rimane la sola strada gestionalmente percorribile credo che tutti dovremo rassegnarci, esattamente come stiamo facendo per un mondo che sta andando inesorabilmente a farsi inculare, contenti di vedere uno affogarsi Venezia per il matrimonio e nel contempo assumere tre eserciti di avvocati per aggirare le tasse, ed altre numerose amenità simili.
THE FINALS
Sul gran finale sono invece estremamente positivo e riconoscente, due grandi gruppi e due filosofie di gioco votate al collettivo, al sudore e ad una certa umiltà. Più genuina indiana sinceramente, con quel suo carico di tradizione ( in 49 stati e’ solo pallacanestro… e poi c’è l’indiana) e con un coach che è antidivo e NBA historic profile allo stesso tempo. La profondità del collettivo, sublimata nella serie contro New York che ha regalato momenti storici, ed il carattere essenziale e silenzioso del mahatma Pascal Siakam che hanno saputo condurre fino a 48 minuti dall’impresa un gruppo bilanciato e che semplicemente giocava un basket “etico” e comprensibile.
Hanno perso , 4 a 3 non scordiamolo, contro la squadra dell’MVP, che ha rispolverato una pallacanestro individuale di indiscutibile eleganza e continuità (la vera chiave), ben inserita in un sistema in cui lavoranti di grande livello fisico e tecnico come Dort, Williams, Holmgren, Caruso ed Hartenstein, hanno saputo approfittare dell’elemento che ha davvero fatto la differenza a mio avviso, il banale fattore campo è un po’ di culo, che OKC ha conquistato durante una stagione solida ed ostinata, alimentata dai rimorsi nefasti di aver gettato tutto alle ortiche una stagione fa, perdendo con la Dallas del patataro la serie che mai doveva perdere….
E dunque
Questo è quanto, una trophy edition del blog lunga ma spero non prolissa, che lasci spunti di ragionamento e confronto, mentre il 12 luglio andremo a caccia delle ©️JORDAN4️⃣0️⃣ , inebetiti da un’estate che propone ogni giorno scenari da nichilismo apparente.
Un consiglio: cancellate l’account Instagram e dichiarate guerra al vuoto delle coscienze. Tornate a cercare il vostro Mediterraneo.
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